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– Editoriale –

Scegliere di non scegliere: a chi giova?

Scegliere di non scegliere: a chi giova?

Roma, 5 Settembre 2023

L’esclusione – finalmente definitiva – dell’Autotrasporto dall’ambito delle competenze dell’ART (Autorità di Regolazione dei Trasporti) è una delle buone notizie che ci ha regalato lo scorso agosto, insieme allo sblocco dei fondi per il caro-gasolio (dal 18 settembre si possono presentare le domande). Il governo ha dato prova di serietà su questioni che, per un motivo o l’altro, stavano sul tappeto da troppo tempo.

Ma, sul versante opposto, i continui aumenti del costo del gasolio (+6% solo nell’ultimo mese) rappresentano un aspetto evidente di difficoltà per le imprese, mentre la drammaticità degli accessi ai varchi alpini (Frejus e Monte Bianco, per non dire del Brennero) e le prime avvisaglie di frenata dell’economia, si traducono in minor quantità di merce trasportata, con impatto negativo sulle tariffe (vedi i containers), tanto più paradossale, se rapportato all’inflazione annua, che è di oltre il 5%.

Il vero cambio in vista è lo scenario economico: si prevede una fase di rallentamento dei consumi e della produzione, in un quadro di costi crescenti, destinata ad ulteriormente appesantire i bilanci, già precari, dei trasportatori.

Come difendersi? C’è chi ha già chiesto la riduzione delle accise sul gasolio, ben sapendo della sua impraticabilità. Non sappiamo se si tratti di ingenuità o di furberia. Quel che è certo è che troviamo assai poco convincenti richieste che, semmai concesse, – considerata la debolezza dei trasportatori – andrebbero a finire nelle tasche dei nostri clienti, come è successo tante volte in passato.

Noi continuiamo a pensare che il contributo migliore che lo Stato possa dare a questo settore siano le famose “Regole” (disciplina della sub-vezione, costi minimi, tempi di pagamento e pagamento delle soste). Ma, su questo terreno, dobbiamo registrare una lentezza che sfiora l’immobilismo. Se continuiamo ad avere tavoli ministeriali che si riuniscono ogni tre mesi, neppure l’intera legislatura sarà sufficiente per combinare qualcosa di serio.

È chiaro che la “distrazione di massa” del mondo associativo offre una sponda eccellente alla politica per non affrontare temi che risultano elettoralmente scomodi, perché vanno a toccare interessi corposi e forti.

Ma, se non si affronta l’equivoco di chi vuol mantenere lo “status quo”, anziché introdurre realmente processi innovativi negli assetti economici, la battaglia per la riforma dell’autotrasporto italiano è persa prima di iniziare. E, chi, se non la politica, ha il potere e, direi, anche l’obbligo di scegliere.

Scegliere tra cosa?  Ad esempio, tra un sistema come l’attuale, in cui la gran parte dei trasportatori sono ormai dei “secondi vettori” (quando non terzi, o anche peggio) – quindi, con tariffe decurtate da chi, semplicemente, “intermedia” – ed uno in cui ogni trasportatore, grande o piccolo che sia, debba avere un fatturato “proporzionato” al numero di veicoli e di addetti che ha nella propria azienda.

Pensiamo che sia giunto il momento di mettere le carte in tavola, per capire che cosa si voglia fare del nostro mondo. E’ una domanda che coinvolge tutti, istituzioni, mondo associativo e imprese, la cui risposta può dare esiti opposti: o il rilancio delle PMI del settore, liberando spazi imprenditoriali oggi in mano all’intermediazione, come presupposto per consentire, a chi ne sarà capace, di svilupparsi; o abbandonare questo settore alla marginalità imprenditoriale, preparando così il terreno per i Big (appunto, i poteri forti) che non avranno difficoltà a entrare, con la loro forza finanziaria, al momento opportuno e alle loro condizioni, in questo mercato, magari “rottamando” una buona parte dei 100 mila imprenditori oggi impegnati nell’autotrasporto.

Mi ripeto ancora una volta, quello che già avviene nella distribuzione urbana delle nostre metropoli è solo un’anticipazione di scenario.

Claudio Donati

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