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– Editoriale –

Quanto e Quando?

Quanto e Quando?

Roma, 25 Settembre 2023

Che le acque siano agitate è evidente. Stiamo navigando in mezzo ad un mare perturbato, pieno di raffiche di vento improvvise e imprevedibili (gasolio, valichi, mancanza di autisti, etc).

Come in tutte le tempeste, occorrono nervi saldi e tenere dritta la barra, evitando di perdersi dietro a questo o quel problema. Ciò vale sia per le imprese che per le loro associazioni.

Per spiegarmi meglio, prendo a prestito una battuta del nostro amico Julio Villaescusa, presidente dell’Associazione dei trasportatori spagnoli FENADISMER, che indica in maniera efficacissima le due questioni a cui bisogna dare risposta per fare stare in piedi un’impresa – non solo di trasporto, e non solo di piccola dimensione -:

 “Quanto” e “quando” devo essere pagato.

Sono le due domande che si devono fare tanto il mono-veicolare che Amazon, tanto il trasportatore che l’industriale metalmeccanico: “QUANTO” e “QUANDO” deve essere pagata la mia prestazione, nel caso specifico, il trasporto?

In fondo, qualsiasi problema si tocchi (dalla transizione ecologica alle inefficienze della logistica, al caro-gasolio, ai blocchi stradali dovuti ai cantieri) si torna inevitabilmente alle due domande: quanto dovrebbe essere pagato il trasporto e, quando, in che tempi.

Per queste ragioni, come sapete, Assotir considera indispensabile che vengano introdotte alcune regole (che potete leggerle sul ns sito), perché occorre un quadro normativo che incentivi percorsi “virtuosi” che facciano tornare a diventare conveniente investire (piuttosto che speculare) nell’autotrasporto.

Accanto a questo aspetto c’è, però, un altro punto della questione che, se non risolto, può compromettere le migliori regole che si dovessero ottenere:

Come si fa a ridare un peso contrattuale all’autotrasportatore?

Il primo e fondamentale passo consiste nel riportare il trasportatore a “parlare” – direttamente – con il suo cliente. Cosa che oggi non avviene nel 90% dei casi. Normalmente, il trasportatore riceve il lavoro da un altro trasportatore, il cosiddetto “Primo Vettore”, che altri non è se non un intermediario con la giacca di autotrasportatore. Già lì, si perde almeno il 10% della tariffa di trasporto che, a grandi linee, vale diversi miliardi – miliardi! – di euro. Senza contare le condizioni di pagamento imposte da questo sistema, ben oltre i 90 giorni, salvo il ricorso “forzoso” alle finanziarie degli stessi Big (secondo il principio: non ti pago ma, alle mie condizioni, ti presto quello che ti dovrei).

In queste condizioni, al singolo trasportatore è oggettivamente impossibile “parlare” con il proprio cliente. Nessuno può cambiare una logica di mercato che ha creato enormi concentrazioni le quali, quando necessitano di qualcosa, vanno a prendersela sul mercato, ma vogliono “parlare” con un solo interlocutore. Oltre che impossibile, non sarebbe logico pretendere il sovvertimento di queste regole.

Come uscire, dunque, da una situazione del genere?

Sviluppando, innanzitutto, la massa critica necessaria per diventare “importanti” per il cliente. Non è solo una questione di dimensione, ovviamente, ma se non c’è quella, è inutile parlare d’altro.

E questo può avvenire, o attraverso la crescita della propria impresa; operazione possibile e, a volte realizzata con successo, ma di difficilissima percorribilità per i più.

L’alternativa è “mettersi insieme”, “fare squadra”, entrare nell’ordine di idee che, quello che non si può fare da soli, forse, lo si può fare insieme. Non sempre, né comunque, ma qualche volta è possibile.

È per questa ragione che, come Assotir, abbiamo recentemente promosso un’esperienza – attraverso il nostro consorzio di sistema CONSAT – che, per quanto in una fase ancora iniziale (ma sufficientemente consolidata), si sta rivelando vincente.

Un’esperienza che ci dice che, attraverso il coinvolgimento degli imprenditori, è stato possibile – in meno di tre anni – portare ai soci circa 20 milioni di fatturato aggiuntivo ai loro bilanci; un fatturato acquisito per il 60% dal Consat come primo vettore, quindi, con una tariffa media non disprezzabile; spostando quasi 1,5 milioni di euro dall’intermediazione (leggi “primi vettori”) a chi fa il trasporto davvero, assicurando loro il pagamento a 60 giorni.

Si tratta di un’esperienza destinata, ci auguriamo, a crescere. Non è un modello, ma semplicemente una “buona pratica” a disposizione di chiunque voglia saperne di più.

Ma, soprattutto, è la dimostrazione che “aggregarsi” è possibile, e non solo nella modalità del CONSAT.

Dai Consorzi tradizionali, alle Associazioni temporanee e alle Reti di imprese etc, esistono oggi molte forme giuridiche utili all’obbiettivo di rafforzare il potere contrattuale delle nostre imprese. Non sono gli strumenti che mancano. Quel che occorre è la chiarezza dell’obiettivo: il recupero della forza contrattuale (tornare a parlare – direttamente – con il cliente e non chi ci passa il lavoro) dell’autotrasportatore (quello vero!), che passa necessariamente attraverso il raggiungimento di una massa critica adeguata.

Come ultima annotazione, a ben vedere, quello di cui stiamo parlando non è affatto una nostalgica riproposizione di esperienze più o meno gloriose del passato, basate, più che su presupposti imprenditoriali, su principi di solidarietà.

Quello di cui stiamo parlando è – con le dovute differenze – qualcosa che i “Grandi” (banche, assicurazioni, logistica, costruzioni, per non dire dei giganti del Web), con altri mezzi e capacità, hanno già realizzato da un pezzo.

Il nostro recente Convegno presso il Ministero dei Trasporti ha voluto proprio dire questo: che la strada dell’aggregazione economica per le Piccole e Medie Imprese dell’autotrasporto, se non è una strada obbligata, è certamente “fortemente consigliata” e, per quel che ci riguarda, metteremo il massimo impegno per fare in modo che nascano nuovi soggetti imprenditoriali più solidi, grazie ai processi di aggregazione tra trasportatori.

Claudio Donati

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