– Editoriale –
Perché siamo contrari all’accordo del 17 marzo tra Governo e associazioni
Abbiamo aspettato che uscissero “le carte”, per commentare con maggiore cognizione di causa i contenuti del Protocollo d’Intesa sottoscritto con la Viceministra Sen. Teresa Bellanova dalle Associazioni dell’Autotrasporto invitate al tavolo, su cui il Direttivo Nazionale di Assotir ha già espresso un giudizio più che severo. Adesso, con la pubblicazione del Decreto Legge n°21 del 21 marzo 2022 (il testo è sintetizzato sul nostro sito), abbiamo, appunto, anche ”le carte”.
In premessa, va detto che la nostra analisi si muove sulla base dei fatti. E i fatti dicono che le proteste delle scorse settimane, al netto di episodi di violenza inaccettabili, hanno acceso l’attenzione della pubblica opinione e della politica sulla profondità della crisi nell’autotrasporto. Sarebbe un grande errore negare la realtà, semplicemente perché non si è in grado di controllarla.
Così come riteniamo incomprensibili comportamenti quali quelli che hanno portato una decina di associazioni a firmare lo stesso Protocollo che, il giorno avanti, le stesse avevano considerato talmente pessimo, da spingerle a proclamare il Fermo nazionale dell’autotrasporto per il 4 aprile. Per non dire di quelli che negano anche quello che hanno firmato, o di qualcuno che “è cascato dal pero” a proposito delle misure sul caro-gasolio.
L’intera vicenda, questa è la nostra impressione, segna un ulteriore allontanamento dei trasportatori dalle associazioni, a partire da quelle firmatarie e, in ogni caso, obbliga tutti a un bagno di umiltà e a dire da che parte sta la ragione.
IL CARO-GASOLIO
Sulla vicenda relativa al caro-gasolio, c’è stato uno sforzo del Governo, sia pure in un contesto di forti limiti quantitativi di risorse. Un intervento in linea con gli altri Paesi europei, non destinato specificamente all’autotrasporto.
Le aspettative per il settore vanno concentrate sul Fondo per l’Autotrasporto di 500 milioni, da cui dovrebbero arrivare i ristori dovuti al caro-gasolio. In che modo e a chi, lo si vedrà nell’apposito Decreto attuativo che il Governo deve emanare entro il 21 aprile. Ci si aspetta un intervento mirato sul cosiddetto “gasolio commerciale” (quello con aliquota di accisa ridotta, utilizzato dai veicoli euro 5 e 6 per il conto proprio e conto terzi), che dovrebbe servire a riequilibrare l’intervento appena attuato dal Governo con il DL 21/2022, che per le categorie euro 5 e 6 è stato sostanzialmente irrilevante. Per il momento, infatti, l’intervento sul caro-carburante è di 25 centesimi al litro per chiunque abbia un veicolo a motore (automobili comprese); per gli autocarri euro 5 e 6, il beneficio reale, per adesso, è di 3,6 centesimi/litro.
LE REGOLE
La parte del Protocollo relativa alle “Regole” – che sono la nostra priorità da sempre – risulta, a dir poco, evanescente, se l’obiettivo è quello di riformare l’autotrasporto italiano.
Giova ricordare che i due principali problemi del nostro mondo sono: Il ribasso continuo a cui sono soggette le tariffe di trasporto e l’eccessivo peso dell’intermediazione, attraverso l’abuso della subvezione.
CLAUSOLA GASOLIO E COSTI MINIMI
Se questi sono i problemi, la domanda da farsi è come sia stato possibile, per UNATRAS, non aver chiesto la reintroduzione dell’obbligatorietà dei costi minimi di sicurezza, considerata per la gran parte dei trasportatori una priorità assoluta. Quando ricapiterà più un’occasione simile? La verità, come i fatti documentano, è che questa richiesta non è stata neppure avanzata al Governo.
Al contrario, noi consideriamo, oggi più che mai, l’obbligatorietà dei costi minimi di sicurezza fondamentale. Si tratta di uno strumento indispensabile per garantire, oltre alla sicurezza, una maggiore trasparenza del mercato, per ridare spinta imprenditoriale al settore, individuando la linea di separazione tra legalità e illegalità, così da perimetrare il gioco della concorrenza all’interno della regolarità.
Invece, il citato DL 21/2022, introduce l’obbligo, nei contratti scritti, dell’inserimento della clausola per l’adeguamento della tariffa di trasporto alle variazioni del costo del gasolio.
Questa norma, oltre ad una intrinseca debolezza, da un punto di vista concettuale, segue una strada diametralmente opposta rispetto a quella dei costi minimi, poiché prende in considerazione soltanto un costo – quello del gasolio – lasciando fuori tutti gli altri costi (oltre il 70%).
I Valori di riferimento del MIMS dicono che nell’ultimo anno, c’è stato un aumento dei costi generali del 20%. Nello stesso arco di tempo, il costo del solo gasolio – che ha avuto un aumento del tutto eccezionale – ha inciso sui costi generali aziendali per appena il 9,5%: meno della metà del totale dei costi generali. I due valori indicano chiaramente la differenza, tra scegliere i costi minimi (+20%) oppure la clausola-gasolio (+9,5%). Senza considerare il rischio beffardo della clausola-gasolio, se il costo del gasolio dovesse scendere.
Infine, l’esclusione dei contratti scritti da ogni vincolo tariffario, rappresenta l’autostrada attraverso cui vanificare la presunta obbligatorietà dei valori di riferimento. Non credo occorrano ulteriori commenti. Se hanno funzionato pochissimo i costi minimi, anche quando erano obbligatori, figuriamoci che paura metteranno questi nuovi blandi e pasticciati obblighi sui Valori di riferimento ai nostri committenti. Del resto, non è un caso che all’accordo abbiano dato il loro benestare (a che titolo?) alcune sigle della committenza.
CONTRASTO ALL’INTERMEDIAZIONE
Quanto al tema del contrasto all’intermediazione parassitaria, c’è un’occasione unica per intervenire, disciplinando e limitando la subvezione, grazie al Regolamento UE 1055/2020, che obbliga anche l’Italia a recepire la norma (per la verità, il Governo è già in ritardo, perché avrebbe dovuto farlo entro febbraio).
Dice questa norma che un’impresa di autotrasporto deve “svolgere l’attività prevalentemente con autoveicoli e addetti propri (in propria disponibilità)”. In Francia è già stabilito che l’85% del fatturato debba essere fatto dal trasportatore con i propri autoveicoli, e può essere dato in subvezione, al massimo, il 15%.
Assotir ha presentato (a novembre scorso) una proposta di recepimento del citato Regolamento 1055/2020, prevedendo che, in Italia, chi fa il trasportatore debba svolgere almeno l’80% della propria attività con mezzi propri, e possa dare in subvezione non più del 20% del proprio fatturato.
Se, in mezzo ai tanti imbarazzi, che spiegano i ritardi del Governo su un tema di tale importanza, uscissero fuori soluzioni bislacche, sarebbe il modo – molto italiano- di lasciare le cose come stanno. È un’ipotesi a cui non vogliamo credere, ma che non possiamo neppure scartare, viste le premesse. Certamente, non resteremo a guardare.
Occorre, tuttavia, sapere che una buona norma sulla subvezione, in linea con le prescrizioni europee, sposterebbe alcuni miliardi di euro dall’intermediazione a favore di chi fa il trasportatore davvero.
L’argomento è appena indicato al punto 5 del Protocollo d’intesa. Va declinato nel modo giusto. Non tollereremo ulteriori svendite sulla testa dei trasportatori.
Del resto, se la corsa al massimo ribasso tariffario e il subappalto (chiamato subvezione nel nostro settore) sono mali riconosciuti come tali in tutti gli ambiti economici, non si capisce perché questo non debba valere per l’autotrasporto. Per questo, non consideriamo affatto chiusa la battaglia sui costi minimi. È certo, però, che, in un caso e nell’altro, sarà decisivo il ruolo dei trasportatori, anche facendo le giuste pressioni sui dirigenti delle Associazioni di appartenenza. O, magari, scegliendo meglio da chi farsi rappresentare.
Claudio Donati