Il TAR vuole avere dalla Corte di Giustizia Europea la certezza sulla conformità, rispetto alla normativa comunitaria, delle disposizioni dell’articolo 83bis della legge 133/2008 che ha introdotto nella normativa italiana l’obbligo, ai fini della sicurezza stradale, del rispetto dei costi minimi di esercizio per le attività di autotrasporto.
In particolare nell’istanza del Tar del Lazio veniva sinteticamente chiesto:
a) se la tutela della libertà di concorrenza, della libera circolazione delle imprese, della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi di cui al Trattato UE sia compatibile con la normativa sui costi minimi di esercizio;
b) se, ed a quali condizioni, limitazioni dei principi citati siano giustificabili con l’obiettivo di salvaguardare l’interesse pubblico alla sicurezza della circolazione stradale;
c) se la determinazione dei costi minimi di esercizio può essere rimessa agli accordi volontari di settore o, in subordine, ad organismi caratterizzati da una presenza di soggetti rappresentativi degli operatori economici privati di settore.
Nell’ambito del giudizio pendente davanti alla Corte di Giustizia, lo scorso 7 agosto 2013 (N.d.R. ed è singolare che se ne sappia qualcosa solo ora) si è pronunciata la Commissione Europea, con proprie osservazioni in cui vengono effettuati dei rilievi alla normativa italiana.
Tali rilievi vanno ritenuti in gran parte superati per effetto delle modifiche nel frattempo apportate all’articolo 83- bis e del passaggio delle competenze a determinare i costi minimi di esercizio dall’Osservatorio (peraltro abolito con la soppressione della Consulta nell’agosto 2012) all’apposita D.G. del Ministero dei Trasporti.
La Commissione Europea, dopo ampia disamina del quadro normativo comunitario ed italiano relativo alla prestazione dei servizi di autotrasporto e delle regole per la sicurezza stradale, ha suggerito alla Corte di Giustizia di rispondere ai quesiti del TAR dl Lazio con una delle due riposte seguenti (in alternativa una rispetto all’altra):
A) il combinato disposto degli articoli 101 TFUE e 4 paragrafo 3 TUE deve essere interpretato nel senso che può ricadere nel suo campo di applicazione la determinazione dei costi minimi da parte di un ente quale l’osservatorio in virtù dell’articolo 83 bis del Decreto 112 del 2008, a meno che i) l’enunciazione di criteri da parte della legge sia sufficientemente precisa per garantire che i rappresentanti dei vettori e dei committenti perseguano effettivamente gli interessi pubblici prefissati e ii) sussistano in capo ad un ente pubblico quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti un controllo ed un potere di decisione in ultima istanza;
B) l’articolo 49 TFUE osta ad una normativa quale quella stabilita dall’articolo 83bis del Decreto 112/2008 nella misura in cui essa impone in sostanza una tariffa minima per il corrispettivo delle attività di autotrasporto di merci per conto di terzi, a meno che non ne sia accertata la proporzionalità al fine di perseguire motivi imperativi di interesse generale quali la sicurezza stradale e la qualità dei servizi.
L'impressione è quindi che, sia pure con la necessità di una attenta opera di monitoraggio e di paziente spiegazione delle novità intercorse, oltre che delle ragioni che hanno portato l'Italia a definire questa normativa, si possa ottenere una sentenza non dissimile a quella che, "assolvendo" le tariffe a forcella, metteva in evidenza proprio le stesse questioni:
Ora la parola è alla Corte di Giustizia della UE.
Allegato – 1 – Le osservazioni della Commissione Europea rivolte alla Corte di Giustizia
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