– Editoriale –
L’autotrasporto di fronte alle Elezioni europee
Alla vigilia delle elezioni europee, vale anche per i Trasportatori l’appello ad andare a votare, per non rinunciare all’unico, fondamentale, momento di potere democratico riservato ai cittadini dell’Unione Europea.
Certo, è difficile andarci, non dico con entusiasmo, ma anche semplicemente con la convinzione di un esercizio utile. Di qui, sempre sperando di essere smentiti, il peggiore risultato, per tutti, dovrebbe essere considerato un ulteriore balzo in avanti dell’astensionismo che, almeno nel nostro Paese, è diventato il vero “primo” partito. L’appeal dell’Europa appare ulteriormente in ribasso, per il tratto di eterno incompiuto istituzionale, risultato spesso forte con i deboli e debole con i forti.
Non che siano mancati fatti positivi. L’approccio globale nel contrasto alla pandemia e lo stesso PNNR di cui l’Italia ha beneficiato per importi impensabili, avevano fatto balenare la speranza di un cambiamento effettivo rispetto allo schema tradizionale di un’istituzione “lontana” dalla gente.
Per l’autotrasporto, poi, la distanza si è trasformata in ostilità. Nelle scelte sulla transizione ecologica (Fit for 55 package), questo settore è stato definito come un – e, spesso, come “il”- problema, contraddicendo i numeri stessi messi a disposizione dalla scienza. Un male necessario, come il fumo per chi ha il vizio, una specie di untori del terzo millennio.
Da questa furia ambientalista sono derivate le scelte che, se non corrette, costringeranno questo settore a sofferenze impraticabili, senza alcun approfondimento serio su percorsi effettivamente sostenibili, tipo, ad esempio, puntare nell’immediato ad accelerare Il rinnovo del parco veicolare verso gli euro 6, o/e incentivare l’uso dei biocarburanti. L’approccio ideologico ha preferito, in attesa del meglio, rinunciare al bene effettivamente possibile, in attesa delle soluzioni elettriche o a base di idrogeno, tutte di là da venire.
Le vicende più recenti fanno il paio con altri “regali” fatti a questo nostro mondo: dalla definizione dei tempi di guida e di riposto, decisi dall’asse franco-tedesco circa trent’anni fa, alla concorrenza sleale, ad opera dei nuovi entrati Paesi dell’Est (con costi aziendali irrisori) nei primi anni duemila, in nome della libertà di circolazione delle merci e delle persone all’interno della UE, che ha penalizzato imprese e lavoratori dell’Ovest.
È partendo dall’analisi dei fatti storici prodotti da questa Europa, dalle ferite inferte al nostro settore (sia quelle rimarginate per effetto del tempo, sia quelle più recenti, i cui effetti potrebbero essere letali per la gran parte delle nostre imprese), che bisogna avere la forza – proprio per le angherie subite – per andare a votare ed incidere sui nuovi assetti politici della UE.
Se volete, è un richiamo ad una attenzione maggiore sulle decisioni di Bruxelles. Perché di questo c’è bisogno: che l’Autotrasporto (sia italiano che europeo) conti di più. Ovviamente, non è solo una questione di voto. Sugli errori del passato – se di errori si può parlare – pesano le sottovalutazioni della politica, ma non possiamo nemmeno ritenere il mondo della rappresentanza esente da responsabilità.
Per tutto ciò, si deve andare a votare e si deve scegliere. Il non voto è una vittoria per i “pochi ma buoni” che decidono – meglio se non disturbati – sulla testa dei “molti senza santi in paradiso”; una schiera in cui faccio fatica a non vedere anche l’Autotrasporto.
Claudio Donati