Roma, 29 dicembre 2017
La fine dell’anno coincide, stavolta, con la fine della legislatura. Il 2018 inizia con una campagna elettorale che si preannuncia agguerrita. Sull’esito delle elezioni, nessuno è in grado di fare previsioni: certa è solo una grande incertezza.
Stando all’aria che tira, mai come in questa occasione, sarebbe utile che l’Autotrasporto italiano facesse il salto di qualità necessario, facendo sentire la propria voce – una sola voce -, non fosse altro che per evitare di finire, o nel serbatoio di voti a cui in genere viene relegato o, peggio, nel tritacarne della demagogia pseudo-ambientalista, che potrebbe essere uno dei temi da agitare per acchiappare voti. L’autotrasporto, sotto questo aspetto, potrebbe rappresentare il nemico ideale su cui scaricare il veleno della demagogia.
Ovviamente, c’è un motivo assai più serio che imporrebbe la strada dell’unità del settore nel prossimo frangente elettorale, ed è l’opportunità, rappresentata dalle elezioni, di presentare l’Autotrasporto come un soggetto imprenditoriale che rivendica un ruolo e un’attenzione diversa, nell’interesse non solo delle proprie imprese, ma del Paese intero; il quale non può permettersi un sistema di mobilità delle merci più moderno ed efficiente, a scapito dei trasportatori. Anzi, è proprio a partire dal loro coinvolgimento nelle scelte di fondo del Paese, che va costruito il nuovo modello di logistica e mobilità delle merci. Ma se non lo diciamo noi, pensate che qualcuno lo farà in nostra vece?
Vista la ristrettezza dei tempi (si dovrebbe votare entro marzo), chiederemo immediatamente ad UNATRAS di pronunciarsi sulla praticabilità di questa ipotesi.
Di proposito, non torno sui contenuti di un’eventuale piattaforma rivendicativa (i nostri quattro punti sono chiari da tempo: costi di riferimento, contratto di trasporto obbligatoriamente nella forma scritta, tempi di pagamento, lotta alle irregolarità nel settore per contrastare la concorrenza sleale, sia dei vettori esteri che nazionali), perché questi dovrebbero essere definiti in UNATRAS. Solo un’avvertenza: richieste poche, ma chiare.
Per quanto riguarda l’anno appena terminato, la legge di stabilità 2018, approvata il 23 dicembre scorso, non contiene grandi novità. Ma i tentativi di assestare qualche colpo al nostro settore, fortunatamente sventati anche per il presidio attento, assicurato in queste settimane dal mondo associativo, non sono mancati.
Si è provato a sottrarre risorse – 50 milioni – destinate all’autotrasporto, spostandole verso altre oscure destinazioni (tipo un fantomatico trasporto “fluviale”). Qui non si sa se sia prevalsa l’incompetenza o la malafede, sull’esigenza di pagare qualche “marchetta” in previsione elettorale.
Assai più preoccupante è stato il tentativo di un grande operatore logistico dell’e-commerce di far approvare la completa liberalizzazione per le attività di trasporto effettuate con veicoli di massa fino ad 1,5 tonnellate. Tentativo fallito, per ora, al quale, va notato, hanno dato sostegno, attraverso un apposito emendamento, in maniera del tutto trasversale, deputati di maggioranza e di opposizione.
Si tratta di campanelli di allarme, che devono farci capire quello che ci aspetta, se vogliamo difendere davvero questo settore e le sue imprese. Vanno considerati come appunti per l’agenda dei prossimi mesi: tutti sotto il segno del liberismo più sfrenato, che trova sempre nuovi paladini pronti a sposarne i dettami, a condizione che riguardino soltanto gli altri.
Il 2017 ci ha detto anche che il valore dell’autotrasporto è aumentato: più camion e più chilometri percorsi, ma sono aumentati di più i vettori stranieri, dell’est, ovviamente (dati ISTAT e ANAS). Il fisco ci dice, inoltre, che il prezzo del trasporto è leggermente aumentato nel corso dell’anno, come conseguenza logica di una certa ripresa economica, che si è tradotta anche in un aumento della merce da trasportare.
La stessa fonte ci dice che sono appena 57mila le imprese di trasporto che hanno presentato la dichiarazione dei redditi nel 2016, a cui va aggiunto qualche migliaio di imprese con fatturato superiore ai 5 milioni di euro. Comunque, in totale, siamo poco oltre le 60mila imprese di autotrasporto attive. Qualcosa di sideralmente distante dal dato dell’Albo che considera ancora in circa 90mila le imprese attive. Un tema, quello dell’effettivo contingente di imprese presenti in Italia, che meriterebbe maggiore chiarezza, non solo a fini statistici.
E poi c’è il capitolo delle imprese dell’Est di proprietà italiana (o estero-vestite, come si usa dire). Non si hanno dati. Forse non c’è neppure interesse a cercare di capire la consistenza di questo fenomeno. C’è, anzi, un misterioso imbarazzo a parlarne, mentre invece è necessario indagare, perché sempre più spesso ci vengono segnalate situazioni di camion stranieri, in mano a Italiani, che operano indisturbati sui piazzali di carico. Sempre di cabotaggio si tratta? O, magari è un modo di fare concorrenza sleale, da parte di questi signori, nei confronti dei trasportatori italiani con sede in Italia.
Tornando al tema della crescita, anche l’osservazione quotidiana diretta sembra confermare un certo trend in tal senso. Le nostre imprese, quelle che ce l’hanno fatta a resistere, con grande fatica, stanno cercando il loro equilibrio, nelle nuove condizioni di mercato, che sono completamente diverse, e assai più difficili, rispetto a quelle del periodo pre-crisi.
L’instabilità e l’incertezza conseguenti contraddistinguono la fase attuale, con la conseguenza abbastanza logica di freno agli investimenti sull’innovazione. Su questi aspetti occorre lavorare per ridurne la portata. Molto passa da quella linea che abbiamo definito nel nostro recente Congresso come la “capacità di fare sistema” da parte dei nostri imprenditori, nelle forme e modi che si renderanno, nelle varie e concrete situazioni, praticabili.
Abbiamo, oggi, un elemento a nostro favore, costituito dall’incremento della richiesta di trasporto che il mercato esprime adesso. Dobbiamo sapere che non sarà sempre così e prepararci ai prossimi cambiamenti ma, nel frattempo, dobbiamo organizzarci per capitalizzare gli effetti che la congiuntura economica, in questo momento, ci offre.
Direi che mai come in questa fase, occorre l’ottimismo della ragione.
Buon anno a tutti
Claudio Donati
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