Il Senato ha approvato nei giorni scorsi il decreto contenente la così detta manovrina, al cui interno vi sono alcune importanti misure per l’autotrasporto.
Molte di queste (il dettaglio è riportato sul nostro sito)sono risposte positive alle richieste presentate a suo tempo da UNATRAS.
Ci sono poi alcune cose, non presenti nel decreto, che pure, nel frattempo, sono state ottenute, quali la sospensione definitiva della circolare sulle revisioni dei veicoli industriali e l’impegno del Governo a mantenere fino al 2019 le risorse strutturali per l’autotrasporto, sia pure con qualche ritocco al ribasso.
Ma altre risposte mancano, qualcuna per motivi tecnici (materie incompatibili con l’oggetto del decreto legge), altre per motivi non riconducibili alla mancanza di “volontà politica” del Governo.
UNATRAS ha convocato l’Esecutivo che si esprimerà sull’insieme dei risultati ottenuti.
Quel che è certo è che due dei punti, che noi consideriamo qualificanti, non hanno trovato una risposta positiva.
Si tratta, manco a dirlo, della questione relativa alle sanzioni a carico del committente nel caso del mancato rispetto della norma sui tempi di pagamento dei trasportatori e la questione della messa in trasparenza dei cosi detti “valori di riferimento” per i costi di esercizio dell’autotrasporto, tuttora pubblicati dal Ministero mensilmente, risultando, con la medesima scadenza, del tutto inutili.
Questa vicenda , a mio avviso, ha messo in luce uno spaccato all’interno del mondo dell’autotrasporto e delle sue rappresentanze, a dir poco, problematico.
Voglio dire che, ben oltre il mal di pancia per non veder accolte nostre proposte (che sarebbe davvero ben poca cosa), questa storia mostra tutta le contraddizioni e, quindi, la debolezza dell’autotrasporto italiano, destinato, se continua così, a vincere ben poche battaglie, sia sul terreno politico che su quello economico.
Venendo al merito, se la nuova proposta sui tempi di pagamento non è presente nel decreto appena approvato dal Senato, dobbiamo dirlo per onestà, non è, almeno stavolta, per responsabilità del Governo. Ma semplicemente perché, con una riflessione non esattamente tempestiva (essendo stata la proposta approvata a suo tempo unanimemente dall’Esecutivo dell’UNATRAS) qualcuno ha poi scoperto che le penalizzazioni previste dalla nuova norma a carico del committente, sarebbero state applicate anche al trasportatore, nel momento in cui, come primo vettore, fosse diventato committente del secondo vettore e non avesse corrisposto a quest’ultimo il pagamento nei tempi dovuti.
Se è legittimo ogni punto di vista, poiché corrisponde alla difesa di un interesse (in questo caso del primo vettore), dobbiamo assumere come conseguenza che l’autotrasporto è diviso anche su questo punto, essendo, in alcuni (numerosissimi) casi vittima delle angherie del proprio cliente, che in qualche caso (o spesso), è, a sua volta, un trasportatore.
Lo stop alla proposta è avvenuto all’insegna del motto “meglio non muovere niente”, con l’effetto che questo treno, politicamente, almeno per il momento, è stato perso, e vedo difficile – anche se mi auguro il contrario – che ne passi un altro prima delle prossime elezioni politiche.
L’altra questione (valori indicativi di riferimento) ha ugualmente visto divise le Associazioni. Da un lato, UNATRAS favorevole, dall’altro, altre Associazioni, contrarie.
Anche qui, dal momento che UNATRAS ha deciso il fermo nazionale, sarebbe stata auspicabile una qualche maggior determinazione, che non c’è stata. Il tutto si è risolto in un assist – del tipo “quieta non movere” – servito al Governo dall’altra parte del tavolo.
Mi auguro che il prossimo incontro in UNATRAS possa consentire di riprendere con l’energia necessaria almeno quest’ultimo tema, che è fortemente sentito dai nostri operatori, e su cui, complessivamente, le istituzioni (compresa l’AGCOM) hanno espresso posizioni possibiliste.
Sarebbe grave, forse imperdonabile, se proprio le Associazioni dell’autotrasporto dovessero risultar essere il vero ostacolo.
Sulle recenti proposte emanate dalla Commissione UE sul trasporto, in attesa di un giudizio più approfondito che svolgeremo nei prossimi giorni, dobbiamo sin da subito esprimere una netta contrarietà ad alcuni aspetti del “pacchetto”.
In particolare, il “combinato-disposto” delle nuove norme sul cabotaggio, sul riposo anticipato, sul noleggio , ecc., se dovessero restare così come proposto, provocherebbe un’ulteriore penalizzazione per le imprese italiane.
Siamo di fronte ad una impostazione inaccettabile, tutta orientata verso un liberismo sfrenato, che ha fatto già i suoi danni, senza bisogno di ulteriori aggiunte.
Su questo terreno, insieme ai nostri due partner italiani (Confartigianato Trasporti e CNA-Fita), incalzeremo la UETR per una posizione di maggiore tutela delle imprese italiane ed europee che non hanno sede nell’Est Europa, in linea con quanto espresso in materia dal Governo italiano.
Insisto, tuttavia, sulla necessità di mettere al centro dei nostri ragionamenti, insieme al dumping provocato dagli stranieri, l’enorme fenomeno della concorrenza sleale sul mercato nazionale tra le stesse imprese italiane perché, se la concorrenza sleale dei vettori stranieri (e dagli italiani vestiti da stranieri) è molto preoccupante; quella che si svolge tutti i giorni sulle nostre strade, tra imprese italiane, ha trasformato in regola l’anomalia.
Irregolarità, abusivismo, illegalità sono una vera e propria zavorra, che danneggia gli imprenditori onesti. In fondo, si tratta di due forme diverse di dumping sociale, l’una sul mercato internazionale, l’altra su quello interno, che devono avere la medesima attenzione da parte nostra.
E’ evidente che è più facile gridare “contro “ gli stranieri (già un po’ meno “contro” gli italiani estero-vestiti), anziché prendere di petto quello che ti ruba il lavoro ogni giorno con prezzi stracciati, che “non si sa come fa a farli”. Ma è esattamente qui che vanno messe le mani. Se, ovviamente, continuiamo a ritenere sia nostro dovere difendere, nel mercato, le imprese sane.
Infine, un breve cenno alla nascita di una nuova realtà “associativa “ nel mondo dell’autotrasporto.
Abbiamo assistito nei mesi scorsi ad una feroce guerra commerciale tra colossi del nostro mare, rivelatasi un buon affare per i trasportatori, che hanno potuto beneficiare, una volta tanto, degli effetti della concorrenza tra i loro fornitori, in termini di riduzione delle tariffe da questi praticati.
Per la verità, l’ideale sarebbe che nessuno dei contendenti vincesse, perché il rischio che il vincitore si rifaccia a spese dei trasportatori stessi, una volta rimasto solo, è forte.
Tuttavia, questo è un tema che non dovrebbe entrarci per niente con la nascita di una nuova associazione. E, invece, come tutti sanno, c’entra e come!
Proprio per il rispetto che la libertà di associazione merita, sarebbe ipocrita considerare normale un fenomeno che appare contraddistinto da interessi economici enormi – estranei al mondo dell’autotrasporto – da cui sembrano sprigionarsi altrettanto irrefrenabili aneliti associativi da parte dei trasportatori.
Non ho motivo per dubitare che siano volontà effettivamente libere quelle espresse da alcune (specialmente, da alcune grandi) imprese di logistica e autotrasporto, che in questi mesi hanno dichiarato di voler aderire al progetto in questione.
Ma se uno prende una tessera per avere lo sconto al supermarket, quella tessera non costituisce una sua adesione alle scelte del supermercato, bensì è un mezzo commerciale, attraverso cui, chi vende, prova a legare “fidelizzandolo” il cliente.
Non è vietato dalla legge ed è commercialmente accettabile, ma assomiglia più alle famose “tessere per il pane”, che alla libera adesione ad un’associazione sindacale.
Sembra un fenomeno nuovo che sa molto di antico. Non so se l’autotrasporto, per quanto malridotto, abbia bisogno di ” tessere per il pane”. Francamente lo escludo.
In ogni caso, andrebbe evitato che la promozione commerciale la paghi lo Stato.
Noi, per la parte che ci compete, non mancheremo di tenere gli occhi aperti.
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